COME UN’ACROBATA

COME UN’ACROBATA

So-stare con gli adolescenti in psicoterapia

di

PARMA Lara

Acrobata

“Io mi sento come un’acrobata.”

Così si definì un ragazzo adolescente durante un colloquio cercando di definire chi fosse. Ho trovato questa immagine bellissima ed esaustiva perché in essa è racchiusa tutta l’essenza di quello che vuol dire “essere adolescente “ per un adolescente.

In effetti è ormai condivisa l’idea dell’adolescenza come quella di un periodo dello sviluppo umano segnato da profondi cambiamenti rivestiti da incertezza che investono la sfera psicologica, biologica e sociale. Erik Erikson, psicoanalista tedesco noto per i suoi studi sullo sviluppo, scrisse che l’adolescenza è una fase di passaggio tra “il non più (bambino) e il non ancora (adulto)”. Proprio il fatto di non appartenere più al mondo dell’infanzia ma non ancora al mondo degli adulti è alla base delle crisi di passaggio e di rottura tipiche di chi attraversa questo momento della vita.

Attraversare questa fase è fondamentale per approdare a una modalità adulta di porsi e di essere. L’adolescente è come l’acrobata che lascia il trapezio dell’infanzia per fare un salto verso un nuovo trapezio.

Questo salto va fatto perché non si può rimanere bambini per sempre.

A volte esso avviene in “condizioni di sicurezza” e senza troppe preoccupazioni altre volte invece si complica per diverse motivazioni, paure ed insicurezze rendendo necessario un intervento d’aiuto.

Le criticità dell’adolescenza sono “fase-specifiche”, nel senso che “nascono e finiscono” in questa specifica fase evolutiva, riguardano compiti e problemi specifici e necessitano di un intervento con caratteristiche diverse da quelle della psicoterapia con i bambini e di quella con gli adulti.

Quando penso ai compiti che deve affrontare l’adolescente mi viene alla mente il libro “ Alice nel paese delle meraviglie.” Come Alice l’adolescente comincia un percorso con se stesso, cercando la sua strada, che non è priva di angosce e paure, per separarsi dai genitori e individuarsi come persona, affronta i cambiamenti del proprio corpo che assume nuove forme e soprattutto diventa sessuato, complementare e per la prima volta viene percepito come mortale, cerca delle guide nel mondo esterno e prende le misure sui consigli da seguire e sulle spinte che sente nel trasgredirle.

L’adolescenza è una fase della vita in cui i dubbi su se stessi, gli interrogativi sulla propria identità, l’insoddisfazione per il proprio corpo, le tensioni con i genitori possono costituire dei momenti di transizione che nulla hanno di patologico.
Tuttavia in alcuni casi questi aspetti assumono un peso eccessivo, provocando stati di sofferenza che si protraggono troppo a lungo o che si estendono fino a invadere la vita dell’adolescente.

Quali sono le aree di intervento di cui mi occupo come psicoterapeuta di adolescenti?

Se è l’adolescente che chiede una consulenza psicologica tra i temi di sofferenza (non sto parlando di diagnosi ma di segnali importanti di stati di sofferenza, il cui senso va compreso caso per caso) ci possono essere:

  • crisi rispetto alla propria identità(chi sono?, cosa provo?, non mi riconosco più?);
  • crisi rispetto al proprio progetto di vita(non so in che direzione andare, non so cosa voglio);
  • stati di isolamento(sono completamente chiuso in me stesso, non me la sento di uscire di casa, tutto mi terrorizza)
  • traumi(ad esempio: traumi singoli come incidenti per cause umane o naturali, traumi sessuali vissuti nell’infanzia o nell’adolescenza, maltrattamenti fisici, lutti in età adulta o vissuti nell’infanzia/adolescenza, traumi “minori” ma condizionanti lo sviluppo della personalità).
  • disagio nelle relazioni con i coetanei(sono timidissimo, mi arrabbio con tutti, non conto per nessuno; nessuno mi ascolta, non riesco a farmi degli amici, non sto più bene con gli amici di sempre);
  • sofferenze in campo amoroso(sono stato lasciato, nessuna mi vuole, ho il terrore del sesso);
  • disagio rispetto al proprio corpo(non mi piaccio per nulla, mi sento grasso, ho questo difetto che non riesco ad accettare, sono cambiato e non mi accetto come sono ora);
  • dubbi sulla propria identità sessuale(non so se sono attratto dalle ragazze o dai ragazzi, faccio pensieri su quelli del mio stesso sesso, ho paura di essere gay, ho paura di essere lesbica);
  • tensioni con i genitori(non mi capiscono, non sanno quello di cui ho bisogno, mi trattano come un bambino, invadono i miei spazi, non mi lasciano crescere, non li sopporto più);
  • problemi a scuola(non mi importa nulla della scuola, non mi piace quello che faccio, non riesco a dimostrare che sono capace, non riesco a concentrarmi, sembro stupido);
  • angosce e paure(ho il terrore di stare da solo, mi blocco, ho il terrore dei giudizi);
  • ossessioni(non riesco a non pensare a queste cose che mi vengono in mente senza che io possa controllarle, mi lavo le mani i continuazione, accendo e spengo la luce in continuazione);
  • pensieri autodistruttivi(ho pensato di suicidarmi, penso di farmi del male);
  • gesti autodistruttivi(più evidenti come i tentati suicidi o più sfumati come l’anoressia) (ho tentato di uccidermi, mi ferisco, non mangio, vomito di proposito, sono spericolato, mi faccio, bevo);
  • somatizzazioniossia stati di malessere fisico per cui è stata constatata (ad esempio dal medico curante, dal pediatra o dallo specialista) l’assenza di una causa organica alla base (ho sempre mal di testa, mi brucia lo stomaco, mi si irrita la pelle);
  • rabbia(sono pieno di rabbia, sovente perdo il controllo, odio tutti..).

Altre volte, invece, sono i genitori che decidono di rivolgersi allo specialista perché il figlio o la figlia manifesta ritrosia, se non l’esplicito rifiuto, ad accedere a una consultazione psicologica.Effettivamente bisogna pensare che uno dei principali compiti evolutivi dell’adolescente è costruirsi una propria identità e ciò comporta spesso una generalizzata opposizione verso il mondo adulto.

Tuttavia non sempre ciò accade e in alcuni casi è l’adolescente stesso a richiedere aiuto. È molto importante, anche nelle situazioni in cui la conflittualità è molto elevata, conservare il dialogo con i propri figli attraverso un atteggiamento di disponibilità e comprensione che non è in contraddizione con le necessarie funzioni normative del genitore.

Il dialogo genitori-figli è un fattore altamente protettivo anche, e soprattutto, per gli adolescenti particolarmente sofferenti. Nella presa in carico psicologica dell’adolescente solitamente i genitori sono coinvolti e la loro partecipazione risulta un elemento cardine del percorso psicoterapeutico. Nel caso in cui l’adolescente non voglia presentarsi, possono essere i genitori a effettuare alcuni colloqui con il clinico, a volte ciò è sufficiente per motivare il ragazzo, in altri casi il lavoro verrà svolto con i genitori affinché possano aiutare più efficacemente il figlio.

In ogni caso la consultazione psicologica richiede il punto di vista dei genitori per ricostruire la storia di sviluppo dell’adolescente e la storia del nucleo familiare, per dare voce ai diversi punti di vista (adolescente e genitori), per monitorare il decorso clinico nell’ambiente di vita, per favorire cambiamenti non solo nell’adolescente, ma anche nel modo in cui le figure significative si relazionano con lui.

Lavorare con gli adolescenti è affascinante e faticoso, richiede la capacità di  immedesimarsi con i bisogni, desideri, paure che il ragazzo/a ci porta, senza giudicare, senza limiti teorici, cercando di capire cosa prova l’altro. Lo scopo è rimandargli quello che si è cercato di sentire e capire, quello che viene chiamato clinicamente anche rispecchiamento. In fondo l’adolescente sta costruendo la propria identità, ha bisogno di essere riconosciuto e di essere aiutato in questo difficile processo: è la relazioneche ci permette di andare incontro all’altro e comprenderlo, evitando di attribuirgli bisogni precostituiti che derivano dai modelli teorici e ci allontanano dall’unicità del paziente. L’adolescente ha bisogno di naturalezza, di sincerità, le formalità tipiche di una terapia con un adulto possono non essere comprese, ha bisogno di lealtà e di chiarezza. La terapia dell’adolescente, afferma Charmet; deve guardare al futuro non al passato, l’angoscia dell’adolescente è per il futuro non per il passato, e lì bisogna andare con lui… come se fosse una bellissima avventura!

Dott.ssa Parma Lara

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